di Gianfranco Del Moro

La mia prima vera esperienza di meditazione avvenne nei primi anni ’90, in occasione dei seminari condotti da Vimala Thakar a Dalhousie, in India, rivolti a insegnanti e praticanti di yoga occidentali interessati ad approfondire gli aspetti filosofici dello yoga attraverso lo studio di antiche Upaniṣad, Bhagavad-gītā e Yoga-sūtra di Patañjali. Durante l’incontro di meditazione che precedeva il discorso quotidiano, sedevamo mezz’ora insieme con Vimala in silenzio, senza alcuna istruzione particolare. Da inesperto, non avendo ricevuto indicazioni sul da farsi, la mia mente vagabondava tutto il tempo, totalmente inconsapevole, oggi me ne rendo conto, degli stati avversivi, in cui ero immerso, a causa soprattutto della postura scomoda.

di Marco Passavanti

 Una categoria di praticante di yoga a oggi poco studiata è quella del maschio yogico occidentale (vir yogicus occidentalis). Se la sua controparte femminile gode di una cospicua visibilità mediatica ed è da tempo oggetto di colte disamine e di una mole enorme di letteratura a lei dedicata, le abitudini e il carattere del maschio yogico nostrano rimangono pressoché sconosciute ai più, forse a causa della sua netta inferiorità numerica rispetto alle yoginī, o forse a causa del radicato pregiudizio che vede nello yoga un’attività femminile e svirilizzante. Sarà perciò utile tracciare alcuni idealtipi di vir yogicus occidentalis, tanto per iniziare a circoscrivere il fenomeno. A tale proposito, dopo vari decenni di ricerca sul campo, sono arrivato a delineare otto tipologie essenziali di maschio yogico:

 

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di Ajahn Brahm

Nel 1983, dopo aver acquistato il terreno dove sarebbe sorto il nostro monastero, non avevamo più un soldo. Eravamo indebitati. Sul terreno non c'erano costruzioni, nemmeno una capanna. Le prime settimane dormimmo su delle vecchie porte che avevamo acquistato a poco prezzo in un magazzino di materiali di recupero; le avevamo sollevate da terra mettendo ai quattro angoli dei mattoni. (Non c'erano materassi, naturalmente… eravamo monaci della foresta).

di Claude Maréchal

Una presentazione delle otto membra dello yoga sotto forma di tre pañca (tre gruppi di cinque elementi ciascuno, NdT) aiuta a comprendere la relazione tra questi differenti aspetti della disciplina dello yoga, le loro applicazioni e la progressione nella vita quotidiana.

di Bhikkhu Anālayo

Quest’articolo presenta una prospettiva buddhista sulla sfida posta dal cambiamento climatico, con particolare enfasi sul ruolo della presenza mentale. Basandosi su brani di versioni parallele degli antichi testi buddhisti esistenti in pāli, sanscrito, cinese e tibetano, tre possibili reazioni al cambiamento climatico vengono messe in correlazione con i tre inquinanti radice riconosciuti nell’antica psicologia buddhista: avidità, rabbia e illusione. Riconoscerli richiede un’osservazione consapevole basata sull’intenzione compassionevole di non nuocere. Il nobile ottuplice sentiero stabilisce il contesto per la collaborazione di tale intenzione compassionevole con la coltivazione della presenza mentale. Secondo la similitudine dei due acrobati, proprio la coltivazione della presenza mentale genera le basi per stabilire dentro di sé l’equilibrio necessario per aiutare gli altri.

di Matthew Gindin

Tricycle, autunno 2019.

I puristi scoraggiano di mescolare le tradizioni, ma la ricerca rivela che le origini di una delle pratiche indiane odierne più popolari non sono così chiare.

di Marco Passavanti

Chi entra in qualsiasi libreria e inizia a curiosare qua e là incappa quasi immancabilmente nella sezione di ‘filosofia orientale’, le cui sottocategorie di solito comprendono scaffali dedicati a temi esotici come lo yoga, le arti marziali, il tantra, il kāmasūtra, il feng shui, i chakra, Osho, i sufi, eccetera.

di Marco Passavanti

Mi capita spesso, nelle circostanze più disparate, di sentirmi rivolgere la fatidica domanda: “Ma tu che tipo di yoga pratichi?”. Rispondere a questa domanda, all’apparenza così semplice e banale, si rivela a volte un’impresa temeraria e ardita, impresa che spesso conduce me e i miei interlocutori in fittissimi gineprai ermeneutici (quanto mi piace usare ‘sto termine!) e in altrettanto fitte discussioni su cosa sia lo yoga, su quale sia la sua storia, su quanti e quali siano i tipi di yoga, eccetera. A chiusura della discussione (che il più delle volte è stata purtroppo un dialogo tra sordi) mi capita spessissimo di sentire questa frase: “Sì certo, esistono tanti tipi di yoga, ma in fondo lo yoga è uno!”.

Yoga ed «energia»: suggestioni, ambiguità e qualche riflessione critica

di Marco Passavanti

«Energia» è una delle parole chiave dello yoga contemporaneo. Tutti la usiamo, tutti ne siamo affascinati e tutti le attribuiamo ogni sorta di significati, spesso senza renderci conto della complessità e del carattere problematico che essa sottende:

“Sento l’energia che scorre ”; “Ho un blocco energetico”; “Assorbite l’energia della terra”; “Le mudrā sigillano l’energia”; “In quest’āsana riesco a sentire le linee di energia”; “Bisogna portare l’energia verso il canale centrale”; eccetera, eccetera.

di Marco Passavanti

L’origine storica della pratica delle posizioni (āsana) è ormai una questione ampiamente dibattuta tra i cultori dello yoga, sia praticanti sia studiosi. Le opinioni al riguardo sono varie e contraddittorie: alcuni (in numero sempre minore) propendono per una remotissima antichità, che risalirebbe all’epoca vedica o ai secoli successivi, spesso attribuendone l’origine a Patañjali stesso.

di Marco Passavanti

Chiunque frequenti oggi un qualunque corso di yoga in qualsiasi parte del globo, fin dalle prime lezioni scopre che, oltre a due fasce muscolari dette ischiocrurali, a un diaframma, a sette cakra e a tre nāḍī principali, possiede anche un «ego».

Questo ego, ci viene detto, è responsabile di quasi ogni male del mondo, dalla fastidiosa allergia agli acari che ogni tanto ci tormenta fino al buco nell’ozono:

Non riesci a portare la fronte sulle ginocchia in paścimottanasana? È a causa del tuo ego che ti impedisce di abbandonarti e allungare i tuoi muscoli.

 

Cosa intendiamo con la parola consapevolezza? Intendiamo la pura attenzione silenziosa e non giudicante presente nel momento presente. E contemplare il corpo e la mente vuol dire osservare con questa attenzione le sensazioni fisiche, l’avvicendarsi di attrazione e repulsione nella nostra mente, il succedersi di emozioni e stati d’animo; vuol dire osservare i pensieri e le immagini che accompagnano gli stati d’animo.

Corrado Pensa da Il Silenzio tra Due Onde
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